#Spazzali Oddity, dove va l’IRSML FVG?

Though I’m past one hundred thousand miles
I’m feeling very still
And I think my spaceship knows which way to go
Tell my wife I love her very much, she knows
Ground Control to Major Tom
Your circuit’s dead, there’s something wrong
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?

Per capirci: in questa vignetta il Ground Control sarebbe l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia (IRSML-FVG),  mentre Major Tom è il suo direttore Roberto Spazzali, in missione nelle profondità cosmiche di Bondeno (Ferrara).

Ebbene, lontano dalla sua capsula – il confine orientale  (a cui noialtri giuliani italofoni ci attacchiamo per trovarci un’identità e quindi una posizione nel mondo), si è lasciato andare a questo infelice confronto:

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Foibologia: il manuale di Federico Tenca Montini

Preferisco chiamarlo così, il titolo vero – Fenomenologia di un martirologio mediatico (Kappa Vu, Udine, febbraio 2014)- non mi entusiasma: buono per l’iniziale scopo di titolare una tesi (con una prima stesura di questo testo l’autore Federico Tenca Montini si è laureato in sociologia alla Bicocca) ma poco efficace nel presentare al pubblico la portata di questa originale opera di analisi.

Dicesi “foibologia“, nel mio personale gergo, non tanto lo studio morfologico di dette cavità carsiche né tantomeno degli episodi storici di occultamento di cadaveri tramite la loro precipitazione nelle stesse, quanto dell’ideario su di esse fondato. Le Foibe sono infatti luogo simbolico di occultamento ma anche di riesumazione, da esse si estrae ciò che torna utile, come fossero il cilindro di un mago, ma i conigli che ne escono sono sempre gli stessi: legittimazione e identità, che su questa frontiera orientale d’Italia si edificano sempre contro qualcuno o qualcosa. A frugare nelle foibe, sia fisicamente che ideologicamente, sono stati nel tempo formazioni militari anche contrapposte (dalla Wehrmacht al GMA, persino Badoglio e Bonomi nel ’44), compagini statali e amministrative tra le più svariate (dall’OZAK, al TLT, alla Repubblica italiana), istituti di Storia Patria e del Movimento di Liberazione, partiti politici tra i più disparati (MSI e derivati in testa, ma anche DC, Pd’A, PCTLT e, ultimamente, PD).  Nonostante l’eterogeneità degli “estrattori” però il discorso che ne viene fuori presenta sempre lo stesso pattern, aldilà delle ovvie differenze stilistiche tra invocazioni di genocidio e di piani predeterminati “titini”: l’impossibilità di trattare l’argomento se non da un punto di vista strettamente nazionale, quando non apertamente nazionalista.

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Učka / Monte Maggiore, le montagne sono sempre meticce

Tratto da un post collettivo originariamente pubblicato su AlpinismoMolotov

Učka/Monte Maggiore dal Gorski Kotar sopra Fiume (Rijeka)

Due gran montagne dividono l’Italia dai barbari, l’una dimandata monte Caldera, l’altra monte Maggiore nominata.

Così diceva Leandro Alberti (1479-1552) o almeno così sostenne Mazzini nel 1866 rivendicando all’Italia l’Istria, la “Carsia” e le Alpi Giulie [1]. Curioso è che nella regione attorno al monte Maggiore-Učka – la fantasiosa Venezia Giulia – nel 1927 abitassero diverse persone di cognome “Alberti”, peccato che fino a qualche anno prima però si chiamassero Abracht, Albrecht, Avber, Albert [2]. Il Maggiore fu lo spartiacque rivendicato anche da Gaetano Salvemini nel 1916 [3], uno non proprio in odore di fascismo. Sembrava che il “patriottismo” italiano, anche quello più a sinistra, non riuscisse a prescindere dal dominio della vetta più alta dell’Istria. Eppure questo rilievo, punto d’incontro della catena dei Vena e dei Caldiera, non fu storicamente territorio d’italiani, piuttosto pascolo per i pastori cicci, popolo di lontana ascendenza valacca (o meglio, vlach, che è diverso), più o meno slavizzato (per assimilazione “naturale” lungo i secoli), deriso dagli abitanti della costa per la sua arretratezza o forse solo per la deliberata assenza di dimestichezza con la civiltà marinara: “cicio no xè per barca” è il detto che li stigmatizzava, ripetuto ancora oggi ogni qualvolta un individuo dimostri scarsa propensione per una qualsivoglia arte.

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Ciau Ucio

#Foibe o #Esodo? «Frequently Asked Questions» per il #GiornodelRicordo

foibe

«Il vero guaio è che gli sciocchi la violentano, la vita, specie quella altrui, illusi di togliere la complicazione.»
Giulio Angioni, Gabbiani sul Carso

Febbraio: Come ogni anno mi preparo alla valanga di imposture che si accompagna al cosiddetto Giorno del Ricordo. Capi di stato, di governo e di partito di qualsivoglia colore faranno a gara a chi la spara più grossa o a chi intona più forte la solita solfa. Vediamo quest’anno a che altezza arriva l’asta degli infoibati, e se è un’annata buona possiamo contare su un bell’incidente diplomatico.

Per un giorno tutti si riempiranno la bocca di confine orientale per poi dimenticarsene per gli altri 364 giorni. È l’effetto bagnasciuga: un’alternanza che favorisce le panzane più pindariche e taglia le gambe a qualsiasi reale approfondimento. Sulla battigia chiunque può deporre ciò che vuole, tracciare nella sabbia le sparate più inaudite, tanto la risacca cancellerà tutto e la spiaggia sarà pronta all’uso per l’anno successivo.

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#MEJA – Guerre di confine (#ConfineOrientale revisited)

Ne avevo sentito parlare perchè ero capitato al festival èStoria a Gorizia nell’anno in cui lo mostrarono, però ero arrivato troppo tardi e poi me ne dimenticai.
Sto parlando di “MEJA – Guerre di confine“, documentario di Giuseppe Giannotti, prodotto in collaborazione con il Centro isontino di ricerca e documentazione storica e sociale “Leopoldo Gasparini” di Gradisca d’Isonzo, con la Fondazione Sklad Dorče Sardoč Onlus e con Rai Educational. Ho finalmente potuto vederlo  grazie alla segnalazione contenuta in questo felice commento su Giap.
Il documentario è del 2011, secondo Rai Storia è inedito in Italia e non stento a crederci, dato che sulla televisione italiana regna una specie di Echelon dell’Esercito Italiano per cui ogni volta che si nomina Rab e i crimini di guerra italiani scattano misteriosi veti (vedi vicenda del documentario BBC “Fascist Legacy” [1989]). Dall’elenco degli intervistati si capisce subito il motivo dell’ostracismo verso questo prodotto, che comunque fa bella mostra di sé su un sito della Rai con questo soffietto:
4 episodi per comprendere la storia del confine orientale d’Italia e sfatare il mito dello “italiano? brava gente!

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#Psicotoponomastica

Parlare di toponomastica di Istria e Dalmazia, in Italia, è sempre difficile. Anch’io nel racconto della mia cavalcata a due ruote dell’Istria ho dovuto fare i conti con questo nodo poiché, così come mi sono sempre rifiutato di chiamare la località carsolina di Pesek Pese, mi riesce per lo stesso motivo difficile chiamare l’istriana Portorose Portorož, ma col tempo ho imparato che il manicheismo – anche quello che vorrebbe mirare all’equanimità – non funziona in queste terre mai del tutto bianche o nere.

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Sbagliando strada troverai l’Istria. Due ruote senza bussola tra Premantura e l’Ospo

Trovo molto ragionevole la credenza celtica secondo cui le anime di coloro che abbiamo perduto sono imprigionate in qualche essere inferiore, un animale, un vegetale, una cosa inanimata, di fatto perdute per noi fino al giorno, che per molti non arriva mai, nel quale ci troviamo a passare accanto all’albero, a entrare in possesso dell’oggetto che è la loro prigione. Allora esse sussultano, ci chiamano, e non appena le abbiamo riconosciute, l’incantesimo è rotto. Liberate da noi, hanno vinto la morte, e ritornano a vivere con noi.

– Marcel Proust, Dalla parte di Swann; Alla Ricerca del tempo perduto
histeria
Sbagliando strada troverai l’Istria
Questa la morale autoconsolatoria che ricavai dal primo viaggio cicloturistico della mia vita. Un’idea balenata per caso, nella noia di un’apatica giornata spesa a cuocersi sotto il Sole in quel di punta Salvore, ormai tre anni or sono. Si studiava come sopravvivere al ferragosto imminente e fu così che proposi a quella che sarebbe poi diventata la mia compagna un’audace pedalata lungo l’Istria, da Sud a Nord.

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